In questi ultimi tempi, la difesa civica sta avendo senza dubbio un suo risveglio nelle istituzioni. Dopo la legge Gelli-Bianco sulla responsabilità medica, che attribuisce alle regioni la facoltà di affidare al Difensore civico regionale o provinciale il compito di garante del diritto alla salute, la difesa civica viene richiamata nello schema di decreto legislativo sul nuovo Codice dell’amministrazione digitale. La nuova figura del “difensore civico per il digitale” è prevista presso l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale): nella versione precedente del decreto, era invece indicata la sua istituzione presso ciascuna pubblica amministrazione.
Nel provvedimento vengono richiamati gli «adeguati requisiti di terzietà, autonomia e imparzialità» del nuovo difensore civico, che sarà destinatario, attraverso un’apposita area del sito istituzionale dell’AgID, delle segnalazioni dei cittadini relative alle presunte violazioni del Codice dell’amministrazione digitale. Il difensore civico, una volta ritenuta fondata la violazione, potrà invitare il soggetto responsabile a porvi rimedio tempestivamente, e comunque non oltre trenta giorni.
Si tratta quindi di un difensore civico nazionale a tutti gli effetti, seppure focalizzato sui c.d. diritti digitali. D’altronde, nel tempo della frammentazione del potere politico e delle funzioni amministrative, quella di frammentare anche la difesa civica, settorialmente e non solo territorialmente, è una strada quasi obbligata. Tutto si pluralizza in una sorta di neo-feudalesimo che è sempre più refrattario all’unità politica, ormai di ardua individuazione nello Stato policentrico e tra le molteplici tecnostrutture del nuovo processo decisionale. Naturalmente, sono elevati i rischi di sovrapposizione con altre autorità, ma questa è la conseguenza logica di tutti i sistemi decentrati e pluralistici. È lo scenario tipico del nostro ordinamento, e forse della democrazia matura in generale.
C’è davvero bisogno nella PA di un difensore civico digitale? La domanda si pone dopo il via libera preliminare allo schema di decreto legislativo sul nuovo CAD (Codice dell’amministrazione digitale) previsto dalla riforma Madia e appena licenziato dal Consiglio dei ministri, che sarà sottoposto alla Corte dei Conti e alle commissioni parlamentari competenti.
La nuova figura, insieme al “lancio anticipato” del domicilio digitale (in attesa dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente che in teoria rappresenta la precondizione per verificare l’identità digitale dei cittadini) è la novità principale del nuovo schema di decreto, che prevede l’istituzione di un unico garante a livello nazionale, che avrà il suo ufficio all’Agid, con il compito di dirimere i dissidi fra cittadini ed enti pubblici in materia di digitale. Nella precedente versione del decreto era prevista l’istituzione di un difensore civico digitale in tutti gli enti pubblici.
Una sorta di ombudsman dell’hitech nei rapporti fra cittadino e PA.