Il Mediatore europeo Emily O’ Reilly è di nuovo intervenuto, lo scorso 18 dicembre, sulla questione della trasparenza del processo decisionale dell’Unione, tema ricorrente e ormai classico nel dibattito pubblico del continente. Questa volta O’ Reilly punta direttamente al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, chiedendo che vengano resi pubblici i dettagli dei suoi incontri con i lobbisti. Secondo il Mediatore europeo, «rendere pubbliche le informazioni su questi incontri, darebbe ai cittadini un quadro più completo di chi sta cercando di influenzare il processo decisionale dell’Ue, quando e come». Un’altra raccomandazione per Tusk e per il suo gabinetto è quella di incontrare esclusivamente rappresentanti di organizzazioni iscritte nel “Registro europeo per la trasparenza”. Nei prossimi mesi è infattiprevista un’accelerazione dei negoziati che porteranno all’istituzione di un Registro obbligatorio per la trasparenza adottato dalle principali istituzioni europee. Parlamento e Commissione sono già avanti in questa direzione e si auspica da più parti che anche il Consiglio possa accettare l’obbligatorietà del Registro.
Il Mediatore ha inoltre chiesto al Presidente Tusk di rendere pubbliche le evoluzioni dei dibattiti tra i leader europei e di informare i cittadini sullo stato di avanzamento del loro programma di lavoro biennale, la cosiddetta “agenda dei leader”. È stata pertanto accolta con favore la proposta del Presidente Tuskdi «pubblicare note che illustrino i punti di discussione prima delle riunioni dei leader dell’Ue, per consentire ai cittadini di seguire la politica europea in tempo reale e ottenere una maggiore comprensione del ruolo svolto dai leader nella definizione delle decisioni su questioni vitali».
Insomma, gli arcana imperii sembrano definitivamente tramontati in Europa. Almeno se si rimane ai termini del dibattito istituzionale. Del resto, come affermava Carl Schmitt, «la rappresentanza può aver luogo soltanto nella sfera della pubblicità. Non c’è alcuna rappresentanza se si svolga in segreto e a quattr’occhi». E anche Jefferson ebbe a dire: «Il dirigente deve agire con discrezione ma non gli deve essere concesso di tenere per sé le sue intenzioni». Ma la democrazia rappresentativa è davvero l’unica forma di democrazia vigente? Detto in altro modo: permangono residui di assolutismo che si insinuano nelle pieghe della rappresentanza? E quanto assolutismo può essere accettato in una democrazia matura? Il tema non è per nulla secondario e non è solo accademico. Da qui passa la tenuta dellademocrazia contemporanea. Almeno l’Unione europea sembra accorgersene.