LA MACROREGIONE MEDITERRANEA
Il percorso finale per giungere all’approvazione della varata Strategia della Macroregione del Mediterraneo è ufficialmente tracciato. L’Assemblea della Macroregione Mediterranea nominò unanimemente il Difensore Civico campano quale Amministrazione Pubblica procedente e molta strada è stata fatta dopo la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Campania del decreto che ha riconosciuto i “Gruppi di Azione (Action Groups) della Macroregione Mediterranea finalizzati alla strategia macroregionale, ciascuno con Responsabili e Coordinatore, nella composizione via via aggiornata della segreteria organizzativa sulla base degli incarichi espletati e dei riscontri in merito”.
Il medesimo atto riconosce ufficialmente l’Assemblea della Macroregione Mediterranea. “Con l’avvenuto varo dei Gruppi di Azione” – si legge nel decreto emanato – “e del Comitato dei Coordinatori, la Macroregione Mediterranea, garantendo la Governance aperta, procede per far adottare al Consiglio Europeo la strategia nel rispetto delle procedure e di ogni contributo”. La Macroregione Mediterranea si aggiunge a quelle già esistenti: Baltica, riconosciuta nel 2009, Danubiana (2011), Adriatico-Jonica (2014) e Alpina (2016) e procede anch’essa per l’approvazione della Strategia.
L’avvenuta pubblica consultazione, i confronti con le altre Macroregioni, la costituzione del Comitato Stati Regioni sono alcuni dei momenti di tale percorso finale.
Al centro di tale percorso la tutela dei diritti dei Cittadini del Mediterraneo ossia di un Popolo di oltre 500 milioni di abitanti.
LA CONFERENZA DI BARCELLONA E LA TUTELA DEI DIRITTI DELL’UOMO
Nel novembre del 1995, con la Conferenza di Barcellona e la successiva Dichiarazione di Barcellona, fu stabilita una Partnership Euromediterranea (PEM) fra i 27 Ministri degli Esteri dei paesi dell’UE, del Nord-Africa e del Medio Oriente.
Oltre ai 15 paesi dell’UE i membri della Partnership sono Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Autorità palestinese, Siria, Turchia e Tunisia.
La Dichiarazione di Barcellona e il successivo Programma di lavoro prevedono lo sviluppo della partnership sotto tre aspetti:
- partnership politica per la sicurezza e la difesa;
- partnership economica e finanziaria;
- partnership sociale e culturale per i temi dell’educazione, la cultura, la salute, ecc. e per combattere insieme il terrorismo, il traffico di droga, e la criminalità internazionale.
La Dichiarazione di Barcellona ha,inoltre,sancito la responsabilità collettiva dei Paesi del Mediterraneo al fine di garantire,da parte di tutti i Paesi membri,
“il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali “ e “l’effettivo e legittimo esercizio di tali diritti e libertà, compreso la libertà di espressione, di associazione per scopi pacifici, e la libertà di pensiero, coscienza e religione,sia individualmente sia con altri membri dello stesso gruppo, senza alcuna discriminazione basata sulla razza, la nazionalità, la lingua, la religione o il sesso”.
Pertanto, i 27 paesi della PEM, nel riconoscere “il contributo essenziale che la società civile può fornire al processo di sviluppo della Partnership”,si sono impegnati a rispettare alcuni principi generali in materia di diritti umani.
Nonostante queste positive intenzioni e le dichiarazioni di principio sottoscritte,i Paesi della PEM devono ancora oggi concordare un concreto programma di lavoro sui diritti umani.
Ciò nondimeno, a partire dalla Conferenza di Barcellona, numerose sono state le richieste e le raccomandazioni pervenute da più parti all’UE per chiedere che sia stabilita una agenda dei diritti umani all’interno degli accordi di partnership.
In particolare la Conferenza di Barcellona ha stabilito due obiettivi di grande rilevanza:
- la creazione entro il 2010 di una zona di libero scambio
- l’instaurazione di un’area euromediterranea di stabilità e di pace.
Costituiscono premessa della Dichiarazione e condizioni basilari per il raggiungimento degli obiettivi del dialogo intermediterraneo:
- il rafforzamento della democrazia, rispetto dei diritti umani, sviluppo economico e sociale sostenibile ed equilibrato,
- la lotta alla povertà,
- l’ avvicinamento delle culture.
Seguono i temi della cooperazione politica e della sicurezza, quelli della cooperazione in campo sociale, delle relazioni umane, della diffusione dell’istruzione e della cultura, della promozione di comprensione reciproca tra le differenti culture e altri
Accrescere la reciproca conoscenza significa anche gettare le basi per una maggiore fiducia, a sua volta indispensabile per favorire collaborazione e investimenti.
Gli obiettivi sono comunque comuni e cioè che ciascun Paese deve procedere al proprio interno a riforme strutturali e adattamenti per potersi incamminare verso un’economia aperta.
Senza più stretti legami all’interno della società mediterranea qualunque azione sia fatta a livello di governi rischia di ottenere effetti parziali o effimeri.
Da ultimo,va ricordata la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo alla Conferenza di Valencia del 2002 la quale,al punto 3) “si compiace del rilancio del progetto di Carta di pace e di stabilità che era stato abbandonato dopo la Conferenza euromediterranea di Stoccarda, con riserva di una migliore definizione del suo contenuto e si pronuncia contro qualsiasi intervento militare nella regione; al punto 4) “prende atto del testo sulla lotta contro il terrorismo, che si riferisce essenzialmente alle convenzioni e ai testi internazionali; ribadisce che la lotta contro il terrorismo deve essere condotta nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali “ ed infine al punto 10) “deplora le gravi violazioni dei diritti dell’uomo in vari paesi partner del processo di Barcellona, in particolare dopo la firma di un accordo d’associazione; chiede l’instaurazione di meccanismi specifici che consentano un’applicazione concreta e più efficace della clausola degli accordi euromediterranei di associazione concernente i diritti dell’uomo”.
L’IMPORTANZA DEL DIALOGO E DELLA COOPERAZIONE FRA TUTTE LE CIVILTA’ DEL MEDITERRANEO
La Risoluzione di Valencia rilancia, dunque, il dialogo tra l’Europa ed i Paesi del Mediterraneo e ripropone il problema del rispetto dei diritti umani.
In proposito, ha scritto giustamente, di recente, il Prof. Stefano D’Anna, Rettore della European School of Economics che “anche le nazioni e le civiltà sognano”(1).
Sostiene il Prof. D’Anna che “al di là dell’incubo delle guerre, della povertà endemica di sterminate regioni del pianeta,a dispetto delle profezie di sventura e dell’indefinita storia di sciagure e crimini che la dissemina, un sogno di prosperità, di libertà, di giustizia, come un esile filo d’oro, ha sempre attraversato tutta la nostra storia, sin da quando fu concepito tremila anni fa, sulle coste dell’Attica.
Nel liquido amniotico di quel sogno noi ancora nuotiamo, feto di quell’età di giganti e modernamente lo abbiamo incarnato nell’aspirazione planetaria alla democrazia liberale, al liberismo economico ed alla affermazione dei fondamentali diritti umani “.
Il “sogno” dell’Europa è prima di ogni altra cosa un sogno di pace, di prosperità, di proficua collaborazione tra i popoli che fino a pochi decenni fa si sono ferocemente combattuti e dove i voti di fraternità, uguaglianza e libertà sono rimasti a lungo e dolorosamente chimerici.
“L’Europa – secondo l’illustre docente – è un modello evolutivo per i popoli mediterranei, un modello verso cui far convergere i propri sforzi ed il corso della loro nuova storia; ad essi, ai loro più alti rappresentanti, agli ambasciatori, ai politici, agli studiosi occorre sottolineare che nessuno può aspettarsi di ricevere in dono democrazia e libertà, né la garanzia del rispetto dei diritti umani fondamentali.
L’uomo deve cancellare la paura delle sue emozioni, il conflitto della sua psicologia, la povertà, la scarsità, il senso della morte, della sua coscienza.
Il futuro della nostra civiltà è puntare tutto sull’educazione, sull’uomo, sull’individuo”.
Millenni di storia impregnano le acque mediterranee percorse da colonizzatori, soldati, mercanti, pellegrini, sapienti, evangelizzatori, esse uniscono e dividono.
Meravigliosi tesori di civiltà le attorniano, ricordi di vicende umane le solcano con scie di gloria, di avventura e di sangue.
Eppure in un Mondo che, come è stato sostenuto da alcuni, conosce oggi “la morte delle distanze”,i l Mediterraneo costituisce un minuscolo lago pulsante di vita che ora solo con la Macroregione Mediterranea ha trovato vera comunicazione.
Differiscono nel Mediterraneo i sistemi politici, e non solo tra sponda nord e sponda sud, differiscono quelli giuridici, le credenze religiose, i livelli di sviluppo ma ora vi è un Soggetto in grado di un lavoro comune: la Macroregione Mediterranea.
Differisce talora la concezione stessa del significato e del destino dell’uomo.
È, quindi, indispensabile nel Mediterraneo conoscersi, dialogare, accettarsi, perché non si ceda alla tentazione della “relativizzazione” di valori che cinquant’anni fa furono proclamati – grande conquista della comunità internazionale – come universali, quelli della uguale ed innata dignità di ogni persona umana, quale che sia la terra in cui è sbocciata alla vita, la fede che professa, il suo sesso ed il colore della sua pelle.
IL RUOLO DELL’ITALIA PER LA TUTELA DEI DIRITTI DELL’UOMO NEI PAESI DEL MEDITERRANEO
Nel Mediterraneo l’Italia è, per antico destino, il ponte di elezione per questo dialogo.
In particolare fin dal 2002 l’Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiani è stata impegnata, anche con lo Sportello Unico Internazionale della Difesa Civica, a fare assumere al Mediterraneo, mare di pace, di scambio, di sviluppo, di tolleranza, di democrazia e di tutela dei diritti umani, perché esso torni a essere, come un tempo, uno dei grandi motori della storia ed epicentri della civiltà (2).
In tale direzione, va ricordato anche il ruolo svolto dalla Lega Italiana dei diritti dell’Uomo e della Federazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo(3) che sono anch’esse fortemente impegnate in un continuo monitoraggio della situazione esistente nei diversi paesi del Mediterraneo, assicurato dall’attività svolta dalle organizzazioni locali affiliate.
Le violazioni vengono da essa denunciate alle Nazioni Unite e viene sollecitato un intervento dei Paesi dell’Unione Europea.
Tali interventi consentono una continua informazione all’opinione pubblica e sovente l’adozione di provvedimenti che penalizzano i governi dei paesi nei quali si verificano le più gravi violazioni.
Per un’esposizione di queste attività è utile elencare alcuni interventi svolti in passato dalla LIDU, a cominciare dai Paesi Arabi.
La prima conferenza internazionale del Movimento arabo per i diritti dell’uomo, tenuta a Casablanca dal 23 al 25 Aprile del 1998, ha distinto tre categorie di Paesi:
a.Il primo gruppo comprende l’Arabia Saudita e alcuni paesi del Golfo, prive di strutture giuridiche moderne, di una Costituzione democratica e di un Parlamento regolarmente eletto.
Ancorati alla loro specificità culturale e religiosa, questi governi non lasciano alcuna possibilità di azione ai Difensori Civici e ai Difensori dei diritti dell’uomo.
- Il secondo gruppo è composto dai Paesi che hanno aderito ai patti e alle convenzioni per l’attuazione della dichiarazione universale; questo gruppo comprende la Siria, l’Iraq, la Libia ed altripaesi minori, ma essi non rispettano praticamente alcuna norma delle convenzioni internazionali. L’area della libertà è fortemente ridotta e lo stato di violazione dei diritti dell’uomo è di eccezionale gravità.
Le organizzazioni dei diritti dell’uomo sono costrette ad operare in clandestinità o esilio.
- Il terzo gruppo di Paesi è caratterizzato anche dalla violazione dei diritti, ma in tali paesi – Tunisia, Egitto, territori autonomi palestinesi – si verifica, da qualche tempo, un rispetto, anche se limitato, dei diritti garantiti dalla dichiarazione universale.
Si tratta, tuttavia, di un rispetto sempre limitato, che impone un’assidua sorveglianza, soprattutto con lo sviluppo dei “difensori dei diritti dell’uomo”.
Non va sottaciuto anche l’impegno in favore di una legislazione uniforme europea e per i riconoscimento dell’asilo politico.
Il 9 dicembre 1998 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, come è noto, ha adottato la risoluzione sui “difensori dei diritti dell’Uomo”. In tale circostanza,26 Paesi membri hanno reso pubblica una “ dichiarazione interpretativa” nella quale annunciavano la loro intenzione di adottare il testo approvato dall’Assemblea dell’ONU, con la riserva che le norme fossero conformi alla loro legislazione interna.
Questa dichiarazione denuncia chiaramente l’intenzione di alcuni Paesi di limitare l’azione dei difensori dei diritti dell’uomo.
Qualche mese dopo, nel marzo del 1999, la convenzione araba contro il terrorismo stabiliva un’intesa per la condanna degli oppositori, accusati di attività terroristica.
Bisogna stare attenti: la definizione di atto terroristico, fissata da tale convenzione araba, è, in effetti, così ampia che può, al limite, coprire tutte le azioni pacifiche di opposizione e dissidenza dal potere come pericolose per la sicurezza statale. In tale quadro già nel 2004 lo Sportello Unico Internazionale della Difesa Civica, su proposta anche dell’Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiani, produsse significati interventi verso la Comunità internazionale, evidenziando “i diritti di ogni Cittadino Mediterraneo”.
Infine, poiché l’indipendenza della giustizia resta in questi Stati una nozione largamente relativa, in base a questa disposizione “un Difensore dei diritti dell’uomo” perseguitato nel proprio Paese, non può trovare rifugio in un altro paese arabo.
Vanno segnalate, infine, le leggi sulla libertà di associazione, violate in quasi tutti i Paesi Arabi, con il chiaro proposito di ostacolare l’azione di tutte le associazioni non governative che si impegnano nella difesa dei diritti dell’uomo.
La persecuzione dei Difensori dei diritti dell’uomo in questi paesi è la parte visibile di una politica generale di lotta e di repressione dei diritti fondamentali.
Naturalmente l’accento viene sempre posto, con maggiore incisività, sulla specificità culturale e religiosa, per rifiutare l’universalità dei diritti dell’uomo e quindi il legame inscindibile fra i diritti civili e politici e lo sviluppo economico e sociale.
Fra gli episodi che denotano una qualche apertura nella tutela dei difensori dei diritti dell’uomo, va segnalata la liberazione, in Tunisia, di alcuni difensori dei diritti dell’uomo, quasi sempre accusati di diffamazione contro l’ordine pubblico e le autorità e la diffusione di false notizie, volte a turbare lo status quo e ad incitare i cittadini a violare la legge.
PARTICOLARE ATTENZIONE MERITA LA SITUAZIONE IN ALGERIA
Dopo il lungo periodo del terrorismo dei fondamentalisti arabi, il Governo, come è noto, ha adottato un provvedimento di amnistia, che, di fatto, cancella tutti i reati, anche quelli di omicidio e di tortura.
Gli scomparsi sono migliaia, dei quali non si ha alcuna notizia, e il Governo non intende condurre alcuna indagine che potrebbe dimostrare,di fatto, un’intesa fra i terroristi e le forze armate.
Le famiglie degli scomparsi hanno costituito un Comitato “S.O.S. Scomparsi”.
Le autorità algerine hanno proibito nel giugno dello scorso anno lo svolgimento ad Algeri di un incontro africano dei Difensori dei diritti dell’uomo, che si doveva tenere parallelamente alla conferenza delle Organizzazioni dell’Unità Africana.
Pur tuttavia, questi rilievi sulla grave situazione interna di alcuni Paesi nord-africani relativi al rispetto dei diritti dell’uomo, non limitano la linea di politica della Macroregione Mediterranea.
Il processo di democratizzazione di questi Paesi è anzi strettamente legato allo sviluppo della Macroregione Mediterranea sia per quanto riguarda la cooperazione economica sia per quanto riguarda la sicurezza, che deve coinvolgere i paesi membri in un programma unico.
I problemi derivanti dai rapporti nella Macroregione Mediterranea sono stati discussi in numerosi convegni diretti
a- a dare attuazione alla normativa Euromed ;
b- ai rapporti culturali;
c- alla ricerca di una “lingua mediterranea”, fondamento comune del diritto mediterraneo.
Sono state quindi stipulate intese con varie organizzazioni ed in primo luogo del mondo universitario e l’Istituto Catalano per il Mediterraneo, la più importante organizzazione che si occupa di questi problemi.
E’ stata inoltre tenuta una riunione presso l’Università di Gorizia, consociata nel progetto, insieme ad altre Università dell’Europa Orientale, in particolare Slovenia e Croazia.
Il tema principale dell’incontro è stato quello di ristabilire il principio di comunicazione Mediterraneo – Europa Orientale, utilizzando il Corridoio Adriatico con il potenziamento dei porti di smistamento.
Si tratta di un problema di particolare rilievo, perché le tendenze, dopo la crisi del Kosovo, sono quelle di deviare una “via storica” istituendo – e in parte è già stata istituita – una nuova via,il Corridoio 8, che passa per la Grecia e attraversa i paesi del Centro Europea (cd valigia delle indie).
L’incontro di Gorizia, inoltre, è stato di particolare interesse perché ha portato ad un’intesa con il Libano con il quale sono stati concordati due aspetti del programma:
- il primo è la ricerca sulla fonte comune del diritto mediterraneo, al quale partecipano tutte le Università dei paesi mediterranei ed alcune organizzazioni umanitarie. Sono stati programmati anche corsi di formazione per studenti di tutte le Università, accentuando anche il rapporto interculturale tra i vari Paesi rivieraschi.
- Il secondo aspetto è quello di definire, nel quadro delle direttive europee, le linee di rapporti economici – comprese le comunicazioni – inquadrati in questo contesto di unità mediterranea.
Sono stati importanti momenti che restano nella concreta azione istituzionale odierna della Macroregione Mediterranea.
IL BINOMIO DEMOCRAZIA E DIRITTI DELL’UOMO NELLA MACROREGIONE MEDITERRANEA
Per un migliore perseguimento di tale obiettivo, è stato da tempo sostenuto che occorrerebbe rilanciare il binomio democrazia-diritti dell’uomo(4).
Infatti, se si raggruppano in un’unica espressione tre termini – democrazia, diritti umani e Mediterraneo – che si pongono, singolarmente considerati, su piani diversi – occorrer operare necessariamente un approfondimento sulle origini di questo collegamento che, specialmente per quanto concerne la democrazia ed i diritti umani, è legato a filo doppio.
Il binomio democrazia-diritti umani è il risultato di una lunga e complessa fase di tensioni e di contrasti, non ancora del tutto completamente definiti.
Di qui la necessità di risalire alle origini di questa costruzione .
Tale binomio appare oggi un’espressione universalmente accettata che ha un significato certo, reale, acquisito da sempre mentre non emergono gli aspetti dialettici, talvolta controversi ed i dubbi sulla portata dell’abbinamento.
Siamo persino indotti ad adagiarci sulla tesi che l’accostamento fra la democrazia ed i diritti umani ha una sola chiave di lettura: non è possibile assicurare il pieno rispetto dei diritti umani senza democrazia.
L’assunto democrazia = diritti umani ha un significato preciso se ci si pone nel contesto generale dell’intera comunità internazionale, e, più in particolare, nell’ambito delle attività della operante Macroregione Mediterranea, anche se in attesa di approvazione della varata Strategia.
Solo in questo contesto esso assume il valore di una linea di azione che si vorrebbe sviluppare in futuro.
Nell’ambito del continente europeo, del tutto inutile coltivare l’idea che i diritti umani non possano essere garantiti se non con l’attuazione di un regime democratico, proprio perché la democrazia, – come viene intesa nel mondo occidentale e quindi democrazia elettorale – è una realtà ormai realizzata.
Per ripercorrere nel tempo l’evoluzione del rapporto fra democrazia e diritti umani, ed il diverso modo di porsi di un tale collegamento, occorre procedere, attraverso una lunga serie di episodi, una strada che ci porta indietro nel tempo, ma che ci fa comprendere anche quale sia il reale valore del risultato finale.
Le radici politiche, storiche, filosofiche e giuridiche risalgono ad un fatto importante, anzi essenziale per comprendere l’intero sistema dei diritti umani.
La Dichiarazione Universale dei diritti umani ha rappresentato, in questo lungo arco di tempo, la fonte di ispirazione per una serie di altre dichiarazioni di principi, di convenzioni, di atti internazionali. Tuttavia, il maggior risultato, sul piano pratico, per porre concretamente in atto le norme morali contenute nella Dichiarazione e trasformarle quindi in norme idonee a creare diritti ed obblighi, è stato finora l’adozione dei due Patti universali, quello sui diritti civili e politici e quello sui diritti economici, sociali e culturali.
Oggi siamo talmente abituati a sentir invocare o comunque menzionare i diritti umani, nel contesto interno, come in quello internazionale, che, nella nostra memoria storica, è persino difficile ricordare che il processo di “ creazione” dei diritti umani è stato lungo, contorto, sofferto,contestato.
L’entusiasmo che accompagnò l’adozione della Dichiarazione Universale non fu, in origine, del tutto genuino.
Gli Stati erano perfettamente consapevoli che quella Dichiarazione aveva solo un valore morale, importante quanto si vuole, ma non tale da incidere seriamente sulla loro libera determinazione circa il trattamento da riservare sia ai propri cittadini, sia agli individui in quanto tali.
Questa distinzione fra sudditi e stranieri aveva, all’epoca, un valore ed una portata del tutto diversa da quelli che oggi sono i principi generali del diritto internazionale in materia.
Quel che occorre rilevare, sul binomio democrazia -diritti umani, è che furono necessari ben 28 anni per trasferire dal campo della morale a quello del diritto i principi contenuti nella Dichiarazione, attraverso una fase estenuante e non sempre positiva di lunghi e complessi negoziati.
In tale ambito la decisione di dividere in due grandi gruppi i diritti umani è all’origine di una serie di sviluppi successivi con ricadute nella seconda e nella terza generazione dei diritti umani, fra le quali il progressivo affermarsi del rapporto fra democrazia e diritti umani.
Indipendentemente dalla natura dei diritti enunciati nell’uno e nell’altro Patto, in un Mondo che era caratterizzato dalla contrapposizione dei due blocchi di Stati, il fatto stesso di aver tenuto distinti in due strumenti internazionali a tendenza universale i diritti civili e politici da quelli economici e sociali è all’origine delle filosofie che per lunghi anni, ed in buona parte ancora oggi, caratterizzano la posizione assunta, a seconda dei casi, dai Paesi occidentali e da quelli orientali, ovvero dai Paesi ad economia avanzata (industrializzati) rispetto a quelli in via di sviluppo.
Nasce così una specie di corsa ad ostacoli, nella quale l’una o l’altra filosofia acquistano posizioni di vantaggio, tentando di prevalere su quella contrapposta.
Il lungo braccio di ferro su questa tesi della prevalenza di alcuni diritti sugli altri è stato parzialmente composto quando, nella Conferenza di Vienna, si è finalmente riconosciuto, con l’unanime consenso dei partecipanti, che tutti i diritti umani sono uguali, indivisibili, interdipendenti.
Nel frattempo è maturato un nuovo diritto umano, inteso a far fronte alle aspirazioni dei Paesi in via di sviluppo: il diritto allo sviluppo.
Nel tempo questo diritto ha acquistato una sua posizione nell’intera comunità internazionale e oggi si può dire che, pur con le dovute differenze, è quanto meno riconosciuto da tutti gli Stati, anche se, finora, ha avuto scarsa attuazione sul piano pratico.
In tale quadro si è sviluppato il cammino verso il riconoscimento del valore della democrazia nel quadro dell’insieme dei diritti umani fondamentali universalmente riconosciuti e tutelati dal diritto internazionale.
È bene tenere presente che il termine “ democrazia” non solo non ha significato univoco, ma si presta a costruzioni interpretative persino contrastanti.
I primi tentativi verso l’ingresso del termine “democrazia” nel campo dei diritti umani risalgono ai primi, incerti passi che le Nazioni Unite muovevano, non più tardi di 10 anni fa, per fornire ad alcuni Stati l’assistenza di volontari nel controllo sullo svolgimento delle operazioni elettorali. Specialmente in occasione della nascita di nuovi Stati, a seguito del frazionamento di precedenti Stati unitari che li inglobavano. Democrazia, quindi, andava intesa come possibilità di accedere a libere elezioni.
Queste prime operazioni di “supervisione” erano, allora, oggetto di aspre critiche da parte di alcuni gruppi di Stati, in quanto per loro attuate violavano la sovranità degli Stati. Rilievo errato, in quanto la supervisione elettorale avveniva, come tuttora avviene, a richiesta e con l’espressa autorizzazione dello Stato in questione.
IL DIBATTITO POLITICO, NELLE VARIE SEDI INTERNAZIONALI, SI E’ ANDATO POI EVOLVENDO RAPIDAMENTE
Quasi in risposta alle iniziative dei paesi in via di sviluppo, tendenti a sollecitare una più rapida evoluzione ed attuazione di diritti economici, i Paesi occidentali hanno premuto l’acceleratore per vedere affermare il concetto di democrazia (intesa come democrazia elettorale) come predominante e propedeutico alla questione dei diritti umani.
Si trattava naturalmente, rispetto agli assolutismi e alle dittature vigenti, di assicurare l’esigenza minima del rispetto dei principi a base della democrazia elettorale, fondata sulla delega.
E’ invece ora in corso, dopo il passaggio da assolutismo a democrazia elettorale, con lo sviluppo della Macroregione Mediterranea, il successivo passaggio da democrazia elettorale a democrazia partecipata, passando dall’obbligo di delega al più compiuto assetto istituzionale che coniuga partecipazione e meritocrazia.
LA RISOLUZIONE ONU SUI DIRITTE DELL’UOMO
Il concetto di un legame fra democrazia e diritti umani, presentato e fatto avanzare nel tempo nelle diverse sedi internazionali, è approdato, per la prima volta, in una risoluzione che è stata adottata dalla Commissione dei diritti umani.
La risoluzione rappresenta un punto di arrivo e di nuova partenza nell’evoluzione di quel rapporto tra democrazia e diritti umani che, ormai, è entrato nel linguaggio corrente della politica internazionale.
Esso è destinato a rappresentare una pietra miliare sulla lunga strada dei diritti umani e, al tempo stesso, rappresenta il punto di partenza per ulteriori sviluppi.
La risoluzione, infatti, si può dividere idealmente in due parti:
- in una prima viene riaffermato, per la prima volta, solennemente e formalmente, il collegamento che esiste tra democrazia e diritti umani,
- nella seconda viene enunciato, e questa è la novità importante, per la prima volta il diritto alla democrazia, che si affianca agli altri diritti umani di recente creazione.
La risoluzione, dopo aver ricordato il legame indissolubile che esiste fra i diritti umani fondamentali e la democrazia, riconosce che la democrazia, lo sviluppo ed il rispetto per tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono interdipendenti e si affermano e si rinforzano a vicenda.
La risoluzione, per la parte più innovativa, tenta di fornire un quadro descrittivo del concetto di democrazia, anche se non arriva fino al punto di dettarne una definizione.
Fra le tante espressioni che essa contiene, vi si legge “ la democrazia è basata sulla volontà liberamente espressa dei popoli di determinare il loro sistema politico, economico, sociale e culturale e la loro piena partecipazione in tutti gli aspetti della loro vita”.
E subito dopo essa si affretta a riconoscere che, nel Mondo, esiste una vasta gamma, di diversa natura, di democrazie.
La sfida della Macroregione Mediterranea è quella di realizzare la democrazia più piena, autenticamente partecipata, permettendo a tutti, senza dover passare per oligarchie precostituite, di accedere alle massime funzioni con impegno e merito.
Nella parte dispositiva della risoluzione dell’ONU viene fornito un elenco di quelli che sarebbero gli aspetti essenziali del diritto alla democrazia, ovvero il diritto ad un sistema di governo di tipo democratico.
Fra questi aspetti, alcuni sono conferme di diritti già pienamente riconosciuti ed affermati. Altri sono, invece, enunciazioni di nuovo tipo, che appaiono per la prima volta.
La democrazia elettorale, per essere davvero tale, va garantita secondo rilevanti parametri:
- il diritto al suffragio universale su base di eguaglianza;
- i sistemi di votazioni libere, di elezioni periodiche e libere;
- il diritto di tutti i cittadini all’elettorato passivo;
- il diritto dei cittadini di scegliere liberamente attraverso mezzi costituzionali e democratici il loro sistema di governo.
La risoluzione della Commissione dei diritti umani rappresenta un traguardo più avanzato rispetto alle posizioni precedenti.
Lo scopo è creare un nuovo diritto umano: il diritto alla democrazia.
Il valore attuale della svolta, rappresentata dalla risoluzione 1999/57, è di particolare interesse: essa attesta sicuramente un raggiunto equilibrio, rispetto alle posizioni passate, fra democrazia e diritto allo sviluppo, indicando la volontà di superare le divergenze attraverso un bilanciamento fra le opposte aspirazioni e tendenze.
In tale contesto oggi una particolare attenzione merita un ambiente geografico assai peculiare come quello del Mediterraneo.
Infatti, in nessuna altra zona geografica del Mondo esistono così stretti legami fra Paesi, in un’area geografica limitata, che pure avendo antichi legami ed interessi comuni, rappresentano una gamma estesa di tantissime concezioni politiche, economiche e sociali.
Quindi il Mediterraneo è il terreno ideale per verificare quanto siano validi i nuovi sviluppi dell’intera Umanità, e se davvero, come si spera, sia possibile constatare sul terreno che il collegamento fra democrazia e diritti umani costituisce il minimo comune denominatore condiviso da tutti.
In particolare alla democrazia elettorale (garantita dagli indicati parametri) corrisponde un’emersione in primo piano dei diritti e alla democrazia piena partecipata la loro piena affermazione.
LA CARTA PER LA PACE E LA STABILITA’ E GLI ACCORDI DI ASSOCIAZIONE
Uno degli obiettivi principali e ormai indilazionabili dell’Unione Europea è divenuta l’adozione di una Carta per la Pace e la Stabilità che, nella “Strategia Comune dell’Unione Europea sul Mediterraneo”, viene descritta come “un fattore decisivo nel processo di pace nel Mediterraneo”.
E’ stato sostenuto in proposito che gli elementi principali delle linee guida per la Carta mostrano purtroppo una scarsa attenzione ai temi dei diritti umani e una volontà di non rendere le obbligazioni della Carta vincolanti per legge per gli Stati (5).
La Macroregione Mediterranea ha ribadito concretamente con la massima decisione ai Paesi dell’UE e ai suoi Partner mediterranei che ogni processo fatto ai fini della pacificazione e della stabilità dell’area mediterranea non può non comprendere l’attenzione ai diritti umani, come fattore fondamentale e decisivo per la pace, la sicurezza e la stabilità.
Sino al 2018 i principali strumenti di attuazione erano a livello bilaterale ossia gli Accordi di Associazione fra l’UE e i Paesi del Mediterraneo.
Seguendo una tendenza generale della politica dell’UE, questi Accordi contengono una clausola sui diritti umani.
In particolare, l’articolo 2,in essi contemplato, afferma in generale che
“le relazioni tra le parti, così come tutti gli sviluppi dell’accordo stesso, devono essere basati sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici che fanno da guida alle politiche internazionali e interne e che costituiscono elemento essenziale dell’Accordo”.
Come in ogni trattato internazionale vincolante a livello bilaterale tra l’UE e gli altri Paesi,queste clausole sui diritti umani costituiscono di per sé un argomento internazionalmente valido dal punto di vista legale per le parti contraenti ai fini del rispetto dei diritti umani.
In definitiva, la protezione concreta dei diritti umani è un fattore indispensabile per il sostenimento della pace e della stabilità nella regione euro-mediterranea e di questo è consapevole dalla nascita la Macroregione Mediterranea.
L’obiettivo della effettiva protezione dei diritti umani nella Dichiarazione di Barcellona e nelle conclusioni degli incontri ministeriali a Malta, Palermo, Stoccarda e Valencia è divenuto oggi un concreto programma di lavoro per un’agenda dei diritti umani nel Mediterraneo.
La Macroregione Mediterranea ha fatto propri ed estende i seguenti punti degli accordi bilaterali:
a.prevedere un meccanismo per valutare regolarmente il lavoro di tutti gli aderenti all’Accordo di Associazione Euro – mediterranea, relativamente ai vincoli previsti dall’Articolo 2;
b.assicurare il pieno rispetto della Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla difesa dei diritti umani;
c.assicurare che tutti gli atti di tortura siano considerati reati penali in ogni circostanza, anche durante lo stato di guerra o pubblica emergenza;
d.unirsi per combattere l’impunità come passo fondamentale per prevenire violazioni dei diritti umani e assicurare il rispetto dei diritti nella regione;
e.ratificare lo Statuto di Roma sul Tribunale penale internazionale e aggiornare la legislazione nazionale per implementarlo effettivamente;
f.ratificare senza riserve i trattati internazionali e regionali che cercano di eliminare il razzismo e le discriminazioni nei confronti delle minoranze;
g.ratificare e implementare la Convenzione delle Nazioni Unite sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne e il suo Protocollo opzionale;
h.assicurare l’effettiva protezione dei rifugiati e il fondamentale principio del non – refoulement.
L’AZIONE IN CORSO DELLA MACROREGIONE MEDITERRANEA
La European Union Strategy for Mediterranean Region (EUSMED) ha un Piano d’Azione continuo che garantisce la revisione permanente della stessa Strategia alla luce delle nuove esigenze emergenti e dei contesti in evoluzione.
La Macroregione Mediterranea :
- convoca tavole rotonde organizzate al fine di favorire la partecipazione di esperti selezionati della società civile mediterranea in grado di contribuire all’attuazione del Piano d’Azione dell’EUSMED;
- sviluppa negli Action Groups i relativi Forum e Comitati Pilota per garantire il corretto svolgimento del programma di lavoro;
- sviluppa il Comitato di Stati e Regioni, al fine di lavorare, insieme con i territori e le parti interessate del Mediterraneo, alla finalizzazione del Piano d’Azione EUSMED.
Poiché la European Union Strategy for Mediterranean Region (EUSMED) affronta una vasta gamma di questioni, queste ultime sono suddivise tra Pilastri e Comitati Pilota. Il Piano d’Azione è permanentemente aggiornato, indicando gli ambiti di cooperazione. Democrazia piena e partecipata e sviluppo dei diritti marciano insieme per la pace e lo sviluppo.
Mario Pavone
NOTE
(1)Stefano D’Anna, Relazione al Convegno DEMOCRAZIA E DIRITTI UMANI NELL’AREA DEL
MEDITERRANEO dell’ESE- Catania 30 ottobre 1999-
(2) Amb. Mario Alessi Già Presidente del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del 50°
Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
(3) Pasquale Bandiera Presidente della Lega Italiana della Fedération Internationale des Droits
de l’Homme
(4) Luigi Citarella Segretario Generale del Comitato Nazionale dei Diritti Umani
(5) Mario Alessi Segretario Generale della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale