Come avevamo già avuto modo di commentare, cittadini e imprese potranno far valere i loro diritti di cittadinanza digitale con una semplice segnalazione all’ufficio del “difensore civico digitale”. Le denunce potranno riguardare le presunte violazioni del Codice dell’amministrazione digitale (CAD) e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione da parte delle Pubbliche Amministrazioni, dei gestori di servizi pubblici e delle società a controllo pubblico. Se la contestazione risulta fondata, il difensore civico digitale ha il potere di intervenire direttamente sull’amministrazione interessata per ottenere il rispetto dei suoi doveri digitali. Siamo in presenza di un vero ombudsman nazionale, seppure limitato alla specificità del digitale.
Per essere effettivamente funzionante, il difensore civico dovrà fare attività di educazione civica digitale: spiegare a cittadini e imprese come enucleare ed esercitare i propri diritti di cittadinanza digitale. Qui sta il punto: non esiste una valida difesa civica se non è accompagnata da una seria attività di formazione alla cittadinanza. Molti temi di politica istituzionale apparentemente formalistici finiscono per avere il loro punto di caduta nel vincolo di cittadinanza e nella sua forza. In altri termini, nella crisi della cittadinanza trovano una giustificazione molti problemi di natura istituzionale. È infatti dalla qualità del foedus, del patto di cittadinanza, che dipendono le principali questioni aperte in tema di rappresentanza e di democrazia in ultima analisi. E la qualità del vincolo tra cittadini è direttamente proporzionale all’amicizia civile che si instaura in una data comunità politica. La chiave di volta è appunto l’educazione del cittadino. Nell’educazione si fa spazio in nuce quel sentimento unitivo che sostanzia il vivere comune e, in ultima istanza, si determina quella consapevolezza di diritti e di doveri che rende possibile la stessa difesa civica.