Il fatto che la funzione stessa del processo penale – di garanzia per l’imputato – non possa renderlo il luogo destinato alla piena soddisfazione delle esigenze delle vittime costituisce il punto di partenza di un diverso percorso possibile per una piena tutela delle vittime dei reati tramite intervento dei pubblici poteri, vigilanza e sollecito dell’ANDCI in particolare per i Centri di Giustizia riparativa.
Giustizia Riparativa
di Mario Pavone
A. Introduzione
Con la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio de1l’Unione Europea n. 29 del 25 ottobre 2012, recepita con decreto legislativo n. 212 del 15 dicembre 2015, viene, per la prima volta, affermata la centralità della vittima, chiamata a partecipare e ad intervenire dopo il reato con un ruolo attivo, come soggetto e non più come mero mezzo di prova.
La valorizzazione della vittima e la necessità di tutelarla, così come richiesto dalla Direttiva n. 29 del 2012 costituiscono un vincolo derivante dall’ordinamento de11’Unione europea capace di orientare le scelte del legislatore nazionale.
Al comma 2 dell’articolo 12, la Direttiva n. 29 del 2012 stabilisce che “gli Stati membri facilitano il rinvio dei casi, se opportuno, ai servizi di giustizia riparativa, anche stabilendo procedure o orientamenti relativi alle condizioni di tale rinvio ”.
Dalla lettura congiunta dell’articolo 12, comma 2, e dell’articolo 8 della summenzionata Direttiva secondo cui “gfi Stati membri provvedono a che la vittima, in funzione delle sue esigenze, abbia accesso a specifici servizi di assistenza riservati, gratuiti e operanti nell’interesse della vittima, prima, durante e per un congruo periodo di tempo dopo il procedimento penale”, deriva l’obbligo per gli Stati membri di rendere disponibili i servizi di giustizia riparativa.
Già la riforma operata con legge 28 aprile 2014, n. 67, recante “Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”, ha esteso la possibilità di ricorrere a pratiche di mediazione anche per reati commessi da adulti puniti in astratto con pena fino a quattro anni di reclusione, nell’ambito della sospensione del processo con messa alla prova, istituto che ricalca, nelle linee portanti, l’omologo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante “Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”.
E’ consentito al legislatore delegato di strutturare una normativa di settore pregnante.
Anche la “Proposta di Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulla giustizia riparativa in ambito penale 2018” auspica un potenziamento dei programmi di giustizia riparativa in sinergia con il sistema penale.
Ne è derivata la scelta di prevedere, in una legge autonoma, le disposizioni in materia di giustizia riparativa concernenti le garanzie, i presupposti applicativi, il tipo di programmi, le condizioni di accesso, lo standard di formazione dei mediatori, l’utilizzabilità degli esiti dei singoli programmi.
La definizione di giustizia riparativa è stata elaborata sulla base delle indicazioni sovranazionali (tra le principali: la Raccomandmione del Consiglio d’Europa R(99)19; i Basic principles on the use of restorative justice programs in criminal matters, elaborati dalle Nazioni Unite il 24 luglio 2002, la Raccomandazione R (2010)1 sulle Regole del Consiglio d’Europa in materia di probation, adottata dal Comitato dei Ministri il 20 gennaio 2010; la Direttiva 2012/29/UE.
Tale definizione riprende l’approccio di una giustizia che mette in relazione rei, vittime,
pubbliche amministrazioni e
comunità, chiamati a partecipare nella gestione degli effetti distruttivi di un reato e nella ricerca condivisa di un possibile accordo e intervento di riparazione.
L’ingresso dei programmi di giustizia riparativa nella fase dell’esecuzione della pena ha comportato la necessità di prevedere le seguenti garanzie:
a) il diritto delle parti all’informazione circa i programmi di giustizia riparativa disponibili, la possibilità di accedervi nonché lo svolgimento e le ricadute della partecipazione a detti programmi;
b) il diritto delle parti a che i programmi di giustizia riparativa siano su base volontaria e consensuale (con consenso informato e ritrattabile);
c) la non utilizzabilità in sede processuale delle dichiarazioni rese durante il percorso di giustizia riparativa, in relazione al fatto per cui si procede o per il quale è intervenuta condanna;
d) il fatto che il mediatore non possa deporre sul contenuto di quanto riferito dalle parti nel corso delle attività svolte, in relazione al medesimo fatto di cui alla lettera c).
Le garanzie sopra indicate sono altresì funzionali all’esigenza di evitare che i percorsi di giustizia riparativa possano causare forme di vittimizzazione secondaria.
La giustizia riparativa (traduzione dell’anglicismo restorative justice) costituisce un tema sul quale si sono accesi, già da alcuni decenni, i riflettori di un dibattito assai vivace che in ragione della sua dimensione multidisciplinare coinvolge non solo il sapere giuridico, ma anche la criminologia, la sociologia, l’antropologia e la psicologia comportamentale e sociale e di pieno interesse per la figura multidisciplinare del Difensore Civico.
Configuratosi inizialmente come nuovo approccio per affrontare il conflitto ge nerato dalla commissione di un fatto di reato, il paradigma riparativo si è ben presto affacciato ad altri ambiti del vivere comune (famiglia, scuola, ambiente di lavoro, pubbliche amministrazioni) al punto da poter oggi affermare, senza tema di smentita, l’esistenza di una vera e propria cultura riparativa, intesa come filosofia di prevenzione e gestione dei conflitti fondata su ascolto, dialogo e corresponsabilizzazione.
Il paradigma riparativo incentiva infatti l’instaurazione di una dinamica dialogica fra soggetti.Nello schema dialogico della giustizia riparativa anche il reo diviene co- protagonista nella gestione del conflitto in quanto non vi può essere alcun riconoscimento dei soggetti coinvolti dal reato, né delle conseguenze dannose da essi subite, se egli non intraprende un percorso volto all’assunzione di responsabilità rispetto al proprio comportamento con ogni attenzione di poteri pubblici. Tale percorso, stimolato dal confronto con la vittima del reato e con i poteri pubblici conduce al superamento della «logica della negazione sistematica» della sofferenza derivante dal reato, favorendo nel reo un ripensamento critico dei propri agiti da cui può scaturire la sincera volontà di adoperarsi per riparare, il danno causato (inteso nella sua dimensione globale, quale sommatoria dei danni patrimoniali e non patrimoniali).
Si consideri infine che il paradigma riparativo, esalta il principio rieducativo. La giustizia riparativa si dimostra in grado, da un lato, di neutralizzare il rischio di recidiva e, dall’altro, di promuovere nella comunità la riaffermazione del valore della norma violata.
La Mediazione Penale, alla luce delle linee guida della Raccomandazione n° 19 (99) del Consiglio d’Europa è un “procedimento che permette alla vittima e al reo di partecipare attivamente, se vi consentono liberamente, alla soluzione delle difficoltà derivanti dal reato con l’aiuto di un terzo indipendente (mediatore) ”.
Con la Giustizia ripartiva, di cui la Mediazione Penale ne costituisce una delle forme più compiute, è data attenzione all’aspetto personale e sociale che investe il crimine.
B. La Formazione dei Mediatori Penali
Con riferimento alla formazione dei mediatori, la Direttiva n. 29 del 2012 richiede una formazione
iniziale accurata e un training costante. La formazione deve altresi insistere sulla deontologia del mediatore, e sulle abilità e competenze comunicative che il mediatore mette in campo con le vittime, i rei e gli altri soggetti potenzialmente coinvolti. Su tale ultimo profilo si soffermano le linee guida della European Commission for the Ef]ìciency ofJustice (CEPEJ) — Better Implementation of Mediation in the Member States af the Councfl Of Europe —, richiedendo un “saper fare” specifico sia in ragione della gravità dell’illecito, della vulnerabilità delle vittime, delle caratteristiche dei perpetratori, sia in riferimento alla capacità del mediatore di riconoscere e promuovere nelle parti il riconoscimento di emozioni e sentimenti spesso distruttivi e pervasivi.Il documento di riferimento più analitico sugli standard di formazione del mediatore resta comunque la Raccomandazione R(99)19 del Consiglio d’Europa, relativa alla qualificazione della figura del mediatore in ambito penale, la quale richiede che:(a) i mediatori dovrebbero essere reperiti in tutte le aree socialì e dovrebbero possedere generalmente una buona conoscenza delle culture locali e comunitarie (art. 22);
(b) i mediatori dovrebbero ricevere una formazione iniziale di base ed effettuare un training nel servizio prima di intraprendere l’attività di mediazione (art. 24);
(c) i mediatori dovrebbero acquisire, attraverso la formazione, “un alto livello di competenza che tenga presenti le capacità di risoluzione del conflitto, i requisiti specifici per lavorare con le vittime e gli autori di reato nonché una conoscenza base del sistema penale” (art. 24).
La questione della formazione è stata affrontata anche nel rapporto finale del tavolo 13 della consultazione pubblica denominata “Stati generali dell’esecuzione della pena” istituita con decreto ministeriale 8 maggio 2015, secondo cui il percorso formalivo del mediatore penale dovrebbe prevedere:
(A) una formazione teorico-pratica sulla giustizia riparativa e su tutti i suoi programmi.
Il mediatore deve inoltre maturare la capacità di costruire e seguire l’iter di una mediazione in ogni sua fase ed elaborare un modello operativo per il funzionamento concreto di un Centro per la
giustizia riparativa (redigere e gestire il fascicolo della mediazione, contattare le parti, svolgere i colloqui preliminari e l’incontro di mediazione, compiere la restituzione dell’esito all’autorità giudiziaria, definire le attività riparative, seguire l’eventuale fase negoziale, realizzare il follow up, la verifica e il monitoraggio dell’attività, dialogare con tutti gli attori coinvolti nel percorso).
(B) una formazione sugli aspetti giuridico-istituzionali e criminologici connessi alla giustizia riparativa che consenta dì acquisire: elementi di diritto e procedura penale, di diritto penitenziario, con particolare attenzione alla normativa sovranazionale relativa alla giustizia riparativa e alla mediazione; elementi di vittimologia e competenze circa la normativa di tutela e protezione delle vittime di reato; nozioni di criminologia, con particolare attenzione alla eziologia del crimine, ai fattori criminogenetici e alle tecniche di neutralizzazione, in sintesi a tutte quelle competenze indispensabili per lavorare con vittime e autori di reato.
C.Giustizia riparativa: le proposte della Commissione Lattanzi
La Commissione, presieduta da Giorgio Lattanzi, Presidente emerito della Corte costituzionale e Presidente della Scuola Superiore della Magistratura, ha depositato di recente la propria relazione che è stata resa nota sul sito del Ministero della Giustizia.
La relazione interviene sostanzialmente in tre ambiti: processo penale; prescrizione e rimedi per la durata irragionevole del processo penale; sistema sanzionatorio e giustizia riparativa.
In conformità alle indicazioni provenienti da fonti sovranazionali (Direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato; Raccomandazione del Consiglio d’Europa relativa alla giustizia riparativa in materia penale CM/REC(2018)8) nonché alle Linee programmatiche espresse dal Ministro Cartabia la Commissione valorizza i percorsi di giustizia riparativa quale potenziale beneficio sia per le vittime, sia per gli autori di reato. Ciò, con lo scopo di “consegnare alla politica e alla collettività il valore di un approccio al fare giustizia costruttivo, inclusivo, volto alla riparazione dell’offesa, rispettoso della dignità della vittima e dell’autore di reato”.
A tal fine suggerisce quali criteri direttivi adottabili dai decreti legislativi recanti la disciplina organica della giustizia riparativa:
a) la previsione di una disciplina organica della giustizia riparativa quanto a nozione, principali programmi, garanzie, persone legittimate a partecipare, Tanto al fine di adempiere alla Direttiva 2012/29/UE allineando l’Italia ad ordinamenti giuridici che hanno già da tempo optato in tal senso; di dare impulso alla costituzione di Centri di giustizia riparativa sul territorio; di contribuire a individuare lo standard di formazione degli operatori di giustizia riparativa e di erogazione dei programmi di giustizia riparativa;
b) la previsione di una disciplina della formazione affinchè gli operatori di servizi di giustizia riparativa siano capaci di operare in modo serio, professionale, rispettoso e tale da evitare la vittimizzazione secondaria;
c) la previsione di una disciplina dei Centri di giustizia riparativa affinché forniscano servizi omogenei, atti a garantire percorsi di giustizia riparativa affidabili, qualitativamente elevati e che non inducano vittimizzazione secondaria;
d) la previsione di specifiche garanzie per l’attuazione dei programmi di giustizia riparativa, quali in particolare il diritto di difesa e la corretta gestione e tutela dei dati personali;
e) la previsione della possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa senza preclusioni in relazione alla gravità dei reati e di recepimento degli esiti del ricorso a detti programmi in ogni stato e grado del procedimento di merito, nell’ambito degli istituti previsti dal codice e dalle leggi speciali.
Come da tempo richiesto dall’ANDCI, quello della giustizia riparativa è certamente un percorso parallelo a quello del processo penale, che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale. E’ un istituto che ad oggi conosce una timida presenza nell’ordinamento ma che invece ora può costituire la base di una vera e propria rivoluzione.
D.Il Decreto attuativo
Il Governo ha approvato lo scorso 4 Agosto lo schema di Decreto attuativo della Riforma della Giustizia.
Lo schema del decreto attuativo della riforma della giustizia penale di cui alla legge delega n. 134/2021 accelera la definizione dei processi anche attraverso la digitalizzazione e disciplina in modo organico la giustizia riparativa
La riforma si pone una serie di diverse finalità, tra le quali è preminente l’esigenza di accelerare il processo penale anche attraverso una sua deflazione e la sua digitalizzazione. Alcune misure sono rivolte al potenziamento delle garanzie difensive e della tutela della vittima del reato.
La modifica interviene sul codice di procedura penale, sulle norme di attuazione del codice di procedura penale, sul codice penale, sulla collegata legislazione speciale e sulle disposizioni dell’ordinamento giudiziario in materia di progetti organizzativi delle procure della Repubblica, per la revisione del regime sanzionatorio dei reati, per l’introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa con finalità, come sopra accennato, di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive e dei principi sanciti dalla legge delega.
La riforma include disposizioni per il rafforzamento degli istituti di tutela della vittima del reato e per l’introduzione di una disciplina organica sulla giustizia riparativa, nel rispetto della disciplina internazionale e delle direttive dell’Unione europea.
Dal punto di vista pratico è finalmente prevista, come da tempo richiesta dall’ANDCI, l’istituzione di Centri per la giustizia riparativa presso ogni Corte di Appello a tutela delle vittime di reato. Novità che si affianca, senza sostituire il processo penale.
Ora si tratta di fare partire subito questi Centri per la giustizia riparativa
Agosto 2022
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Il 18 marzo del 2019, il Consiglio d’Europa ha pubblicato i principi per la protezione e promozione del Difensore Civico, sottolineando il suo ruolo nella tutela dei diritti dei cittadini. Questo istituto è considerato un'autorità amministrativa indipendente con ampie...