Negli ultimi anni l’Unione europea ha emanato una serie di provvedimenti normativi, alcuni vincolanti per i Paesi membri, come per esempio la direttiva 2004/80/CE sull’indennizzo alle vittime di reati e la direttiva 2012/29/UE sui loro diritti minimi, obbligandoli ad adeguarsi alla moderna concezione del reato, inteso come violazione dei diritti individuali delle vittime, oltre che come fatto socialmente dannoso, e ad intervenire, conseguentemente, a favore delle stesse, a prescindere dalla loro nazionalità di appartenenza.
In Italia il legislatore, pur conformandosi alla volontà comunitaria, ha proceduto quasi sempre in maniera disorganica e poco attenta, muovendosi per lo più settorialmente e limitatamente ad alcune tipologie di vittime. Cosicché, a parte la frammentarietà, il nostro quadro normativo di tutela delle vittime di reato appare attualmente ancora abbastanza lontano dagli standard stabiliti in ambito europeo, specialmente sotto l’aspetto dell’effettiva garanzia dei loro diritti, prima durante e dopo il processo penale. A tal proposito, si rammenta che la Corte di Giustizia dell’Unione europea è intervenuta a più riprese contro il nostro Paese, sia dichiarandolo inadempiente in relazione al sistema d’indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti (Corte UE, sentenza 11 ottobre 2016), sia bacchettandolo per avere riconosciuto l’indennizzo alle sole vittime degli Stati transfrontalieri e non anche a quelle residenti in Italia, sia sentenziando che l’importo dell’indennizzo disposto con legge n. 122/2016 e consequenziale D.M. 31 agosto 2017, pur non dovendo corrispondere al ristoro integrale dei danni, non può e non deve essere puramente simbolico (Corte UE, sentenza 16 luglio 2020). Il 24 giugno 2020, la Commissione europea, sulla base della considerazione che le vittime di reato sono ancora impossibilitate a far valere pienamente i loro diritti, a causa di un incompleto recepimento e/o di un’errata attuazione, nei singoli ordinamenti giuridici nazionali, del complesso normativo adottato dall’Unione europea, ha delineato una strategia per rafforzare i diritti delle vittime. Infatti, nel documento intitolato “Per una nuova strategia dell’UE in materia di diritti delle vittime 2020/2025 – For a new EU victims’rights strategy 2020/25”, la Commissione ha definito le azioni che dovranno essere realizzate negli anni 2020/2025, incentrandole principalmente sulle seguenti cinque priorità: 1. Garantire una comunicazione efficace con le vittime e un ambiente sicuro affinché le vittime possano denunciare i reati; 2. Migliorare la protezione e l’assistenza delle vittime più vulnerabili; 3. Agevolare l’accesso delle vittime al risarcimento; 4. Rafforzare la cooperazione e il coordinamento tra tutti i soggetti competenti in materia di diritti delle vittime; 5. Rafforzare la dimensione internazionale dei diritti delle vittime. Pur continuando a verificare, nel frattempo, l’efficacia delle normative comunitarie nei singoli Paesi e le loro eventuali lacune, la Commissione si è data comunque una scadenza, individuando nell’anno 2022 il termine entro cui dovrà valutarsi la necessità di intervenire con nuove proposte legislative finalizzate a rafforzare ulteriormente i diritti delle vittime. In considerazione di ciò, forse sarebbe opportuno che, in Italia, si procedesse a costituzionalizzare, al pari delle garanzie riconosciute ai presunti autori di reato, anche l’antagonista diritto delle vittime di essere tutelate, in modo che la legiferazione in materia possa avvenire sempre ponderatamente, sistematicamente ed organicamente, operando a priori un puntuale contemperamento delle esigenze dei rei con gli interessi degli offesi e/o danneggiati. In effetti, la Costituzione italiana, attualmente, non contiene alcun riferimento espresso alla tutela delle vittime di reato, sebbene i principi del “giusto processo” ex art. 111 Cost. siano stati costituzionalizzati soltanto nel 1999. Nel 2006 fu presentata una proposta di modifica dell’art. 111 Cost. finalizzata ad attribuire rango costituzionale anche ai diritti e agli interessi delle vittime, ma non fu mai approvata. In seguito furono presentati altri progetti di legge costituzionale simili, sia alla Camera che in Senato, ben presto arenatisi anch’essi. Oggi, alla Camera dei deputati, permane il progetto di legge costituzionale n. 117, presentato dall’on.le Cirielli ed altri il 23.03.2018, ma ancora non esaminato, mirante ad inserire, dopo il quinto comma dell’art. 111 Cost., un ulteriore comma del seguente tenore: “La vittima del reato e la persona danneggiata dal reato sono tutelate dallo Stato nei modi e nelle forme previste dalla legge”. Attualmente, quindi, non esistendo alcuna disposizione che ponga su un piano costituzionalmente paritario le vittime e gli autori di reato, il riconoscimento costituzionale dei diritti e degli interessi delle prime è implicitamente tratto dai principi di uguaglianza, dignità e solidarietà sociale sanciti negli artt. 2 e 3 Cost. Si è orientati a ritenere, cioè, che lo Stato è obbligato a riconoscere diritti alle vittime di reato in virtù dei doveri di solidarietà impostigli dall’art. 2 Cost. e del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. In attuazione di detti principi costituzionali sarebbe opportuno perciò che, prima della summenzionata scadenza del 2022, lo Stato italiano agisse facendosi carico di rafforzare i diritti delle vittime di reato, secondo quanto indicato nel succitato atto di Strategia UE in materia di diritti delle vittime negli anni 2020/2025, garantendo innanzitutto, a qualunque cittadino europeo leso da un reato, la possibilità di rivolgersi in maniera del tutto gratuita ad una figura neutrale di riferimento avente il compito di tutelarlo ed informarlo sui suoi diritti. Spesso, infatti, chi ha subito un danno fisico, mentale o emotivo oppure perdite economiche causati direttamente da un reato ignora o non conosce pienamente i propri diritti, né i servizi di assistenza e di protezione predisposti per le vittime di reato, soprattutto se ha difficoltà a ricorrere ad un legale. Di qui la necessità di istituire per legge un Garante Nazionale avente la precipua funzione di assicurare la piena attuazione dei diritti e degli interessi di qualunque vittima, a prescindere dalla sua nazionalità e dalla sua residenza, e indipendentemente dal tipo di reato e dal luogo del commesso reato, sulla base di quanto previsto dalla direttiva UE 2012/29/UE. Più esattamente, il Garante deve accompagnare chi è stato leso da un atto di criminalità lungo tutto il percorso che va dal momento della commissione del reato fino alla completa soddisfazione del torto subito, promuovendo, garantendo e vigilando sulla piena attuazione dei diritti e degli interessi delle vittime di qualsiasi reato, non solo di quelli intenzionali violenti, come prevedono alcune proposte di legge.
Inoltre, il Garante Nazionale deve occuparsi di qualsiasi vittima, italiana o straniera, residente in Italia o in un altro Stato comunitario, senza considerare la regione d’Italia o lo Stato dell’Unione europea in cui sia avvenuto il reato. Ciò a differenza dei Garanti regionali, che, sulla base delle singole leggi regionali istitutive della figura, si occupano esclusivamente delle vittime residenti nella regione di competenza. In sostanza, il Garante nazionale deve essere l’organo deputato ad avvicinare le vittime di reato alle istituzioni affinché le prime possano riacquistare fiducia nelle stesse e le seconde credibilità e autorevolezza agli occhi dei Cittadini.
di Maria Olimpia Venditto