L’ANDCI (Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiani) ha da tempo rappresentato l’urgenza e la necessità che sia riformato il sistema degli indennizzi per le Vittime di Reato e l’istituzione normativa del Garante Nazionale delle vittime di reato.
Nelle more dell’approvazione di una legge che intervenga sulla delicata materia, l’ANDCI, d’intesa con Civicrazia (la coalizione che comprende oltre quattromila Associazioni a tutela del Cittadino), sostiene in tutte le sedi istituzionali competenti l’emanazione di una normativa equa che salvaguardi i diritti delle Vittime troppo spesso ignorati dal Legislatore.
Lo Stato dovrà indennizzare le Vittime di violenza sessuale qualora la Vittima non riesca ad ottenere un risarcimento da parte dell’autore del reato siccome impossidente.
E’ quanto ha sancito la Suprema Corte, con la sentenza n.26757 del 24 Novembre 2020 della III Sezione Penale.
L’indennizzo non deve essere puramente simbolico ma deve tenere conto della peculiarità del crimine e della sua gravità.
- Il Codice Rosso
La pregevole sentenza colma una lacuna della legge numero 69 del 19 luglio 2019 c.d. Codice Rosso.
La legge “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” è entrata in vigore il 9 agosto 2019.
Il provvedimento introduce la nuova categoria dei reati di violenza domestica o di genere nell’ambito dei quali rientrano: il reato di maltrattamenti contro conviventi o familiari, la violenza sessuale aggravata o di gruppo, gli atti sessuali con minorenne, gli atti persecutori e le lesioni aggravate commesse in contesti familiari o nell’ambito di relazioni di convivenza ed introduce nuove disposizioni penali volte all’irrigidimento del trattamento sanzionatorio nonchè nuove previsioni processuali.
La Corte aveva già sottolineato che “[..]l’importanza della tutela delle persone offese, in particolare dei reati suscettibili di arrecare conseguenze gravissime sul piano psicologico come la violenza sessuale, è da tempo avvertita e le riflessioni condotte in base ad un attento esame della realtà e con il supporto delle acquisizioni scientifiche hanno indotto le organizzazioni internazionali e gli Stati a promuoverne ed implementarne i livelli di generale protezione anche all’interno del processo penale con l’adozione di atti normativi vincolanti per i paesi membri e con la stipula di apposite convenzioni internazionali. In tutti gli atti normativi internazionali [..] si afferma la necessità della tutela della persona offesa da reati come la violenza sessuale e dalla vittimizzazione secondaria”.(v sentenza del 26 luglio 2019 n. 34091)
Per vittimizzazione secondaria s’intende il processo con il quale il quale la vittima di un crimine si auto-colpevolizza.
b.L’indennizzo per i danni subiti
Inoltre sono state introdotte dalle nuove norme alcune modifiche al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, recante attuazione della direttiva 2004/80/CE relativa all’indennizzo delle vittime di reato; all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), e all’art. 8 comma 5 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 ed all’articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti ha subito alcune modifiche.
In particolare l’articolo 19 apporta modiche al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204 (Attuazione della direttiva 2004/80/Ce relativa all’indennizzo delle vittime di reato), individuando nella Procura presso il Tribunale, in luogo dell’attuale procura presso la Corte d’appello, l’autorità di assistenza cui rivolgersi quando il reato che dà diritto all’indennizzo sia stato commesso nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea e il richiedente l’indennizzo sia stabilmente residente in Italia.
Il successivo articolo 20 interviene sulla disciplina del fondo per l’indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti di cui al decreto legislativo n. 204 del 2007 inserendo al comma 2 anche il richiamo al nuovo reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies del codice penale).
Il comma 2 dell’articolo prevede che l’indennizzo per i delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima è erogato in favore della vittima o degli aventi diritto nella misura determinata dal decreto 31 agosto 2017.
Da ultimo va ricordato che l’art. 18 interviene sul decreto legge n. 93 del 2013 con particolare riferimento al riparto di somme tra le regioni per il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza (articolo 5-bis, comma 2).
La riforma elimina la previsione che oggi impone di riservare un terzo dei fondi disponibili all’istituzione di nuovi centri e di nuove case-rifugio.
Conseguentemente, nel riparto annuale tra le regioni ci si dovrà limitare a perseguire l’obiettivo di riequilibrare la presenza dei centri antiviolenza e delle case-rifugio in ogni regione.
Il vero punto dolente della Riforma, sino alla sentenza della Cassazione in commento, era l’importo degli indennizzi previsti dal Decreto del 31 Agosto innanzi citato. Il Decreto del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, datato 31 agosto 2017, dava esecuzione alla Legge 7 luglio 2016, n. 122 (cd. Legge europea 2015-2016).
In tale legge all’art.11, comma III, era stata prevista l’emanazione di un successivo provvedimento per la quantificazione degli importi dell’indennizzo che lo Stato Italiano corrisponderà alle vittime di reati intenzionali violenti, assicurando un maggior ristoro a coloro che abbiano subito episodi di violenza sessuale e ai parenti delle vittime di omicidio.
In conseguenza gli importi previsti dagli indennizzi venivano quantificati in 7.200 euro per le Vittime del reato di omicidio, che saliva a 8.200 se commesso dal coniuge o dal convivente e liquidato in favore dei figli della vittima, mentre 4.800 euro per la vittima del reato di violenza sessuale, salvo che ricorresse la circostanza attenuante della minore gravità.
Indennizzi che l’Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiano ha subito contestato in quanto risibili dl fronte alla gravità dei comportamenti illeciti posti in essere e delle gravi lesioni prodotti alle Vittime.
In proposito si considerino le modifiche introdotte dall’art.20 della Legge del Codice Rosso
all’art.11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti in cui dopo le parole: «secondo comma, del codice penale» sono inserite le seguenti parole: «nonche’ per il delitto di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui all’articolo 583-quinquies del codice penale».
La Suprema Corte ha quindi sancito un principio essenziale in tema di ristoro dei danni in favore delle Vittime di violenza sessuale ossia la risarcibilità con un indennizzo a carico dello Stato, in caso di impossidenza dell’autore del reato, che non dovrà essere puramente simbolico ma dovrà tenere conto della peculiarità del crimine e della sua gravità.
E’ un notevole passo in avanti nella direzione di una tutela adeguata delle Vittime di Reato in generale per tutti i danni sofferti a causa di un reato subito per ottenere un risarcimento dello Stato in conformità alla Direttiva Europea n.2004/80/CE recepita in Italia solo nel 2017.
Tale direttiva, infatti, aveva stabilito che gli Stati membri avrebbero dovuto introdurre un sistema generalizzato di tutela indennitaria idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro in favore delle vittime di tutti i reati violenti e intenzionali (compreso quello di violenza sessuale) nelle ipotesi in cui tali vittime fossero impossibilitate a conseguire dai diretti responsabili il risarcimento integrale dei danni subiti.
La Corte di Cassazione, chiamata a giudicare sul ricorso proposto da una vittima di violenza sessuale, si è interrogata, da un lato, sulla possibile applicazione del regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro a causa della trasposizione tardiva della direttiva 2004/80, nei confronti di vittime di reati intenzionali violenti che non si trovino in una situazione transfrontaliera.
Dall’altro, la Corte ha manifestato tutti i propri dubbi in ordine al carattere “equo ed adeguato”, ai sensi della direttiva 2004/80, della somma forfettaria di 4800 euro quale indennizzo previsto per le Vittime di violenza sessuale dal D.M. del 2017.
Sul punto, la Corte di Giustizia Europea, con pronuncia resa il 16 luglio 2020 (C-129/19) ha dichiarato, in primo luogo, che il regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per danno causato dalla violazione del diritto dell’Unione è applicabile, per il motivo che tale Stato membro non ha trasposto in tempo utile la direttiva 2004/80, nei confronti di vittime residenti in detto Stato membro, nel cui territorio il reato intenzionale violento è stato commesso.
In secondo luogo, la stessa Corte ha statuito che un indennizzo forfettario concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti non può essere qualificato come equo ed adeguato, ai sensi di tale disposizione, qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito.
Con la sentenza in commento, dunque, la Corte di Cassazione si è allineata alla pronuncia del Giudice comunitario, affermando una serie di importanti principi di diritto.
In primis, la Suprema Corte chiarisce che alle vittime di reati intenzionali violenti commessi in Italia spetta il risarcimento del danno per tardiva trasposizione, nell’ordinamento interno, dell’art. 12, paragrafo 2, della Direttiva 2004/80/CE, che impone agli Stati Membri, con riguardo ai cittadini UE e con riferimento ai fatti verificatisi nei rispettivi territori, di riconoscere un indennizzo adeguato a tali vittime.
Inoltre tale indennizzo compete alle vittime di ogni reato intenzionale violento commesso nel territorio di uno Stato Membro e, quindi, anche in relazione al delitto di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p. e pur se dette vittime risiedono nel territorio dello Stato Membro (cosiddette vittime non transfrontaliere) ove il crimine è avvenuto, senza che per esse sia necessario instaurare un giudizio civile di responsabilità nei confronti degli autori del fatto, qualora questi ultimi si siano resi latitanti o siano impossidenti.
Inoltre, l’indennizzo non potrà essere meramente simbolico o determinato in via forfettaria, ma dovrà comunque tenere conto delle peculiarità del crimine e della sua gravità.
Va, tuttavia, ricordato che l’indennizzo fissato in precedenza dal D.M. del 2017 in 4800 euro è poi lievitato, a seguito del D.M 22 novembre 2019, in un importo base di 25 mila euro, con la possibilità di un incremento di 10 mila euro per spese mediche e assistenziali come pure quello per l’omicidio a 50.000 euro, mentre per altri delitti rimane solo per la rifusione delle spese mediche ed assistenziali per un massimo di 15.000 euro,con la possibilità di ottenere una riliquidazione a domanda dell’interessato e ferma restando olla sottrazione dell’importo già percepito per la stessa ragione.
Conclusioni
L’Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiani evidenzia che oggi possiamo dire che la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e
costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo con diretta responsabilità dello Stato.
La Convenzione Europea, che realizza la più analitica tutela dei diritti enunciati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, assurge, oggi, al rango di norma costituzionale europea e costituisce diritto interno, fonte diretta, di rango superiore, poiché attiene a un diritto inviolabile.
La Convenzione Europea per la salvaguardia delle libertà fondamentali,entrata in vigore il 26/10/1955, stabilisce che
- ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, istituito per legge (art. 6, par.1).
La Corte Europea di Strasburgo, nell’interpretare la norma, ha stabilito che il diritto al risarcimento a carico dello Stato costituisce un diritto civile soggettivo e,quindi,ogni istanza connessa deve essere sottoposta ai principi dell’art.6 CEDU (v. sentenza del 27/5/1997 Rolf Gustafson c/ Svezia)
Inoltre in Italia la Corte Costituzionale, con la sentenza n.88 del 2018 ha stabilito che la domanda di equa riparazione può essere proposta anche in pendenza di un procedimento penale ad esso presupposto.
La Convenzione stabilisce pure che
- art. 8, 1° comma, : “ogni persona ha il diritto al rispetto della sua vita privata e familiare” (art. 8, comma 1). In effetti,con il Trattato sull’Unione Europea, l’UE si è impegnata a rispettare i diritti fondamentali dell’uomo quali quelli garantiti dalla Convenzione Europea e dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.
Con riguardo a tutti questi aspetti, l’A.N.D.C.I. evidenzia che si verificano, purtroppo, ancora molti
ritardi, malfunzionamenti e colpevoli inadempienze.
Occorre, quindi, che il Governo e il Parlamento si adoperino affinché alle vittime e alle persone danneggiate dal reato sia riconosciuta una tutela di rango costituzionale affinché nel nostro ordinamento possano essere recepite le indicazioni previste dalle varie Direttive Europee del tutto ignorate.
Di Mario Pavone