Nel corso degli ultimi decenni, la sempre più elevata e diffusa frequenza degli atti di criminalità, sia dolosi che colposi, ha progressivamente generato nelle persone un profondo sentimento d’insicurezza, acuitosi sempre più a causa dell’inadeguatezza delle tradizionali strategie di prevenzione e contenimento dei reati. Infatti, la forbice man mano più vistosa tra numero di denunce e numero di condanne, il contrasto tra leggi formalmente severe e pene sostanzialmente miti ed indulgenti, la mancata attenzione dello Stato alle vittime del crimine hanno ingenerato nei cittadini, sentitisi abbandonati a sé stessi, meccanismi di sfiducia nei confronti delle istituzioni, con conseguente allontanamento dalle stesse. Ponendosi dall’angolatura delle vittime, il legislatore comunitario è intervenuto, perciò, il 25.10.2012, con direttiva 2012/29/UE, individuando “norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato”, recepite in Italia con decreto legislativo di attuazione 15 dicembre 2015 n. 212. Detta direttiva, che ha sostituito la decisione quadro del Consiglio UE 2001/220/GAI del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, mira a tutelare le vittime del crimine in maniera globale, prestando attenzione anche a ripristinare un buon livello di comunicazione tra cittadino ed istituzioni, in modo che il primo possa riacquistare fiducia e credibilità nelle stesse. Dalla lettura delle summenzionate norme comunitarie, con contenuti minimi che i singoli Stati membri possono anche ampliare per assicurare alle vittime di reato un livello di tutela più elevato, appare evidente un ripensamento della tradizionale concezione del reato, non più inteso unicamente come offesa contro lo Stato – legittimato, pertanto, ad intervenire e a punirne l’autore attraverso i suoi organi istituzionalmente preposti a ristabilire l’ordine sovvertito dalla violazione della norma penale – ma anche come vero e proprio torto alla vittima, cioè come violazione dei suoi diritti individuali. Sono passati parecchi anni, ormai, dall’emanazione della direttiva 2012/29/UE e del decreto legislativo n. 212/2015, ma la moderna idea del reato, incentrata sul rispetto della dignità della vittima, stenta ancora a decollare nel nostro Paese. Nel nostro sistema, così com’è tutt’oggi concepito, accade spesso, infatti, che la vittima del reato (o, in caso di sua morte, i suoi familiari) non sia protetta, né si percepisca tale, ma sia e si senta, al contrario, emarginata e trattata come un’intrusa, nonché ulteriormente vittimizzata dal processo in cui è parte a soli fini risarcitori. Oltre a ciò, va considerato che, nonostante la previsione di vari programmi di mediazione penale istituiti in diverse realtà locali sulla base di apposite convenzioni inter istituzionali, manca ancora una normativa nazionale che preveda adeguati strumenti di giustizia riparativa applicabili in maniera uniforme e conforme su tutto il territorio dello Stato, cui ricorrere se vi sia un interesse per la vittima, e soltanto in questa ipotesi, così come prescritto dalla direttiva (art. 12, comma 1, lettera a). A tal proposito, va sottolineato quanto evidenziato da Rossi (Archivio Penale, 2015) circa la possibilità “del condizionamento/snaturamento del <<procedimento di giustizia riparativa>> nell’esecuzione penitenziaria, orientata alla tutela e alla rieducazione dell’autore del reato, ma anche nel processo penale ove la riparazione della vittima potrebbe essere strumento deflattivo, per tacere della giustizia penale minorile, in cui le esigenze educative del minore giustificano al suo <<superiore>> interesse il procedimento di giustizia riparativa”. Spesso, chi ha subito un danno fisico, mentale o emotivo oppure perdite economiche causati direttamente da un reato ignora o non conosce pienamente i propri diritti, né i servizi di assistenza e di protezione predisposti per le vittime di reato, soprattutto se ha difficoltà a ricorrere ad un legale. Alla luce di quanto detto, è necessario, perciò, garantire al cittadino vittima di reato la possibilità di rivolgersi in maniera del tutto gratuita ad una figura neutrale di riferimento avente il compito di tutelarlo ed informarlo sui propri diritti. Alcune regioni, come la Lombardia e la Liguria, hanno istituito il Garante regionale per la tutela delle vittime di reato, creando un organo cui hanno affidato la specifica ed esclusiva funzione di promuovere la piena attuazione dei diritti e degli interessi di questa categoria di persone, sulla base di quanto previsto dalla direttiva UE 2012/29/UE. Altre regioni, invece, come per esempio le Marche e la Basilicata, hanno attribuito questo stesso compito al Difensore civico regionale già presente nei loro territori.
Siamo, comunque, in presenza di figure marginali mentre vi è necessità di un apposito Garante delle vittime di reato a livello nazionale che abbia anche incisivi poteri processuali.
di Maria Olimpia Venditto