La Difesa Civica si è andata consolidando, nonostante ad essa non sia stato riconosciuto ancora in Italia il rango costituzionale, come un ‘’potere terzo’’ per la Cittadinanza protagonista nell’ambito delle istituzioni.
Come tale svolge una sua specifica funzione di impulso e chiarificazione.
Tale funzione si rivela molto utile ora che si verificano sovrapposizioni, come nel campo delle politiche di coesione dove, sul territorio nazionale, organi diversi concorrono alla loro attuazione.
La Difesa civica deve allora esercitare un ‘’potere di bilanciamento’’ nello specifico rapporto Territori-Comuni-Regioni-Stato per la gestione dei fondi di coesione, ossia fondi strutturali europei che hanno un cofinanziamento a livello nazionale e sono organizzati per combattere le disparità tra i territori.
Accorpare le competenze dei Fondi di coesione con quelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vuol dire cambiare la rotta.
La riforma delle politiche di coesione prevede la definizione di una roadmap degli interventi prioritari, in stretta coerenza con i documenti di pianificazione in materia di infrastrutture per la prevenzione del rischio idrogeologico e tutela dell’ambiente, trasporti e mobilità sostenibile, energia, risorse idriche, rifiuti e sostegno allo sviluppo delle imprese, in particolare per gli investimenti finalizzati alla transizione verde e digitale.
In tale quadro, sulla base di segnalazioni o di ufficio, i Difensori Civici devono stimolare le Regioni e gli Enti locali.
CENTRALIZZAZIONE DELLE POLITICHE DI COESIONE
La centralizzazione delle politiche di coesione, cosi come si verifica a seguito della loro riforma, deve essere accompagnata dall’introduzione degli “Accodi istituzionali” con le Regioni: si tratta di condividere con il Governo le priorità. I Difensori Civici stimolano affinché le risorse possano complessivamente far parte di un’unica strategia.
Vanno definanziati i progetti quando le risorse rischiano di non essere spese e richiesti poteri sostitutivi per risolvere eventuali problemi di ritardi o di lungaggini.
A bilanciare il potenziale depotenziamento delle funzioni delle Regioni, nell’ambito del coordinamento dei fondi di coesione a beneficio dei propri territori, deve essere un intervento della Difesa civica istituzionalizzata che, in quanto tale, è interventrice ausiliaria delle esigenze e dei bisogni del territorio.
Il ‘potere della Difesa civica deve andare di pari passo con il suo consolidamento legislativo mentre è noto che, nonostante se ne discuta da oltre 30 anni, l’Italia si segnala negativamente per essere l’unico Stato fondatore dell’Unione europea privo del Difensore civico nazionale con un campo d’azione esteso a tutte le amministrazioni statali del Paese.
Questo vuoto è ancora più grave se si considera che la presenza di un “Ombudsman” nazionale è ritenuto un parametro per misurare la democraticità delle istituzioni di un Paese e, come tale, rappresenta oggi una condizione imprescindibile per ammettere nuovi Stati a far parte dell’Unione Europea o del Consiglio d’Europa.
A quando un quadro legislativo coerente con un riassetto complessivo della Difesa Civica che comporti così anche un ‘’potere di bilanciamento’’ della cittadinanza attiva nelle istituzioni?
E’ auspicabile che si avvii una riflessione propositiva in Parlamento e ora in Prima Commissione al Senato ove è in discussione il ddl del governo sulle modifiche costituzionali.
Domenico Campana