La costruzione della “Macroregione Mediterranea” è in corso. Come noto, le Macroregioni (ne sono state varate quattro e sono già operative) nascono in sinergia con la stessa Ue, che prevede lo strumento della Macroregione perchè si possa intervenire con maggiore velocità ed efficienza in questo o quel settore e per affrontare le sfide comuni relative ad una determinata area geografica.
– salvaguardare il mar Mediterraneo
– promuovere la reciproca conoscenza e socializzazione tra i popoli
– promuovere la crescita sostenibile in termini economici, sociali e culturali in tutta l’area, sia nelle regioni del Sud Europa che in quelle del nord Africa (istruzione superiore e ricerca)
– migliorare le infrastrutture stradali e ferroviarie, dei porti, degli interporti e degli aeroporti per creare un Sistema integrato.
– sviluppare e gestire un piano condiviso di utilizzo delle energie alternative (piano solare del Mediterraneo e piano eolico mediterraneo).
Secondo ricerche e dati del WWF, “il Mediterraneo contiene circa il 7.5% delle specie mondiali in una superficie pari a 0.82%. Si può quindi dedurre che la ricchezza di specie per area è circa 10 volte superiore alla media mondiale.
Il Mediterraneo però è minacciato dalla pesca eccesiva ed illegale, dall’inquinamento (plastica e contaminanti chimici), dal traffico marittimo in continuo aumento, dall’invasione di specie aliene e dall’acidificazione delle acque, tutti fenomeni che incidono sulla biodiversità e sul delicato equilibrio su cui si regge l’ecosistema marino”.
Il Mediterraneo è stato definito “sotto assedio” a causa dell’intensa pressione esercitata dalle attività umane.
Al riguardo è di rilevante importanza il progetto finanziato dall’UE, MERCES (Marine Ecosystem Restoration in Changing European Seas) che ha come obiettivo di approfondire le conseguenze dell’interazione tra esseri umani, ambiente e specie marine e proponendo operazioni di restauro degli ambienti marini, inteso da un lato come rimozione dell’impatto antropico, e dall’altro come ripristino di equilibri strutturali e funzionali dell’ecosistema.
I dati rilevati sono impressionanti.
“L’Europa è il secondo produttore di plastica al mondo dopo la Cina e riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche.
La maggior parte delle plastiche non si biodegrada in alcun modo, tutta quella dispersa in natura vi resterà per centinaia o migliaia di anni.
Oltre il 90% dei danni provocati dai nostri rifiuti alla fauna selvatica marina è dovuto alla plastica. A livello globale, sono circa 700 le specie marine minacciate dalla plastica.
Le specie marine ingeriscono plastica intenzionalmente, accidentalmente o in maniera indiretta, nutrendosi di prede che a loro volta avevano mangiato plastica”.
Un’altra fonte di inquinamento riguarda lo sfruttamento del Mediterraneo per fini industriali.
“Attualmente, oltre il 20% del Mediterraneo è dato in concessione per l’industria petrolifera e del gas e la produzione entro il 2030 di gas offshore verrà quintuplicata, soprattutto nell’area orientale del bacino. Per l’Italia sono previste 40 istanze di permesso di Ricerca e 9 istanze di Coltivazione e le zone più interessate sono il medio e basso Adriatico, il Canale di Sicilia e la Sardegna occidentale. Il tasso di sviluppo del trasporto marittimo cresce ogni anno del 4%, mentre in Italia il trend prevede che dai 10 milioni di container standard si passi a 12,5 milioni entro il 2020 e ai 17,5 entro il 2030”
Grandi sfide per la nascente Macroregione che solo un’organizzazione come questa, tra realtà regionali di interessi comuni e diretti, potrà sinergicamente affrontare con esito positivo.