Mentre disservizi, inefficienze e ritardi in ASL e Ospedali sono all’ordine del giorno, il tema Salute rimbalza tra norme disapplicate, liste d’attesa lunghissime, agende chiuse e Cittadini sempre più disorientati.
Il diritto costituzionale alla Salute è messo in crisi da un sistema sanitario pubblico che non riesce più a rispondere al bisogno di visite, esame, ricoveri e assistenza.
NORMATIVE DISATTESE
Contro le insostenibili tempistiche delle strutture sanitarie pubbliche, in pratica dovrebbe trovare applicazione quanto previsto dal D.Lgs. 124/1998 che assicura all’assistito la possibilità di chiedere che la prestazione, qualora siano disattesi i termini, venga resa nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria, ponendo a carico dell’ASL, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo, sulla scorta delle vigenti tariffe.
Nel caso di assistito esente dalla predetta partecipazione, all’ASL compete sostenere l’intero costo della prestazione.
Della questione si è particolarmente interessato un noto talk show televisivo di prima serata, rilevando una vera e propria emergenza. Fa specie che siano inchieste giornalistiche a portare alla luce tali disposti mentre gli uffici preposti dichiarano di non conoscerli o di non poterli osservare per mancanza di risorse economiche.
E sbalordisce che intervenga un decreto legge, D.L. 73/2024, recante “Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie” convertito in L. 107/2024, a ribadire con teorica forza l’esigenza di tutelare i cittadini e il loro diritto alla Salute, anche con esplicito divieto a carico delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere di sospendere o chiudere l’attività di prenotazione (chiara risposta al caso delle c.d. “agende chiuse”).
Andrebbe probabilmente ricordato che in tali casi la soluzione non è legiferare ma applicare e rispettare la legislazione!
LA DIFESA CIVICA
In tale quadro magmatico bisogna considerare la legge Gelli, n. 24/2017, ovvero quella che ha istituito il “Garante per il Diritto alla Salute”, funzione che può essere attribuita al Difensore Civico Regionale.
Di fronte alle problematiche e alle criticità dell’attuale panorama sanitario, il Cittadino può dunque rivolgersi al Difensore Civico il quale può verificare la fondatezza delle segnalazioni e attivare la sua opera nei rapporti tra P.A. e Cittadini.
L’auspicio naturale è che l’intervento del Difensore Civico stimoli il buon andamento e la correttezza dell’azione amministrativa ma nei fatti dobbiamo sapere che siamo lontani da una disciplina efficace, infatti a) il ruolo di Garante per il Diritto alla Salute non compete automaticamente al Difensore Civico, ma necessita di un apposito provvedimento normativo, emanato dalla Regione o dalla Provincia autonoma interessata, che disciplini tempi e modalità di questo conferimento (e sono poche le Regioni che hanno dato attuazione alla figura); b) la legge Gelli non prevede alcuna dotazione economica per la nuova figura del Garante, che dunque dovrà operare con le risorse economiche – piuttosto esigue – che sono già a disposizione del Difensore Civico.
LA PATOLOGIA DI UNA TUTELA SOLTANTO ENUNCIATA
Il diritto di un Cittadino non può essere lasciato in balia a una Pubblica Amministrazione libera di riconoscerlo o disconoscerlo. E se un Difensore o un Garante sono necessari, non possono essere concepiti e organizzati come figure senza i poteri che rappresentano, ovvero quelli dei Cittadini stessi.
La sensazione è che una tutela soltanto enunciata non sia altro che una grave patologia del sistema. E occorre un pronto intervento.
Antonella Mollia, Segretario Generale di Comune